Di solito il Perdono è preceduto dal corteo delle chiavi che si effettua da Palazzo Farnese alla cattedrale, ripetendo un’abitudine secolare. Nel 1475, alcuni gentiluomini ortonesi tentarono di rubare il corpo di san Tommaso per offrirlo al signore di Venezia. Un certo don Mascio, che custodiva l’unica chiave della cassetta contenente le Ossa dell’Apostolo, divenne complice dei malintenzionati. Il gruppo tentò il furto di notte, ma ebbe l’impressione di sentire la voce dell’Apostolo che diceva: lassa stare. I rei impauriti fuggirono. Dopo quell’episodio fu costruita una inferriata di protezione dinanzi all’altare dell’Apostolo e la custodia delle chiavi rappresentò un incarico prestigioso e oneroso nello stesso tempo. Il 15 agosto 1599, i due sindaci di Ortona, in segno di affetto verso san Tommaso, e dietro richiesta del Vescovo, decisero di comprare, a proprie spese, una catena con due grossi lucchetti per meglio proteggere la cancellata posta dinanzi all’altare dell’Apostolo. Consegnarono due chiavi a due consiglieri eletti, una ai due sindaci, due a monsignor vescovo. Da allora, il giorno che precedeva la festa del Perdono, un delegato del Sindaco portava in corteo le chiavi poste su un cuscino e le consegnava in cattedrale al Vescovo della città per l’apertura ufficiale. Nel 1925 il podestà Romolo Bernabeo rese più solenne il corteo delle chiavi, che si formava a Porta Caldari. Precedeva il gonfalone del Comune, con a lato due vigili urbani in grande uniforme. Un messo comunale reggeva sulle mani un ricco cuscino, su cui erano deposte le chiavi custodite dal Comune. Seguivano Seguivano le autorità civili e militari. I partecipanti attraversavano il corso e, giunti in cattedrale, salivano la scalinata che conduceva al presbiterio. Lì il podestà consegnava la chiavi nelle mani del Vescovo. Nel 1977, fu progettato un corteo storico in costume che, negli anni Ottanta, fu ambientato storicamente alla fine del 1500, quando Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, era padrona di Ortona, dove morì nel 1586. Successivamente il corteo, ricco di figuranti e sbandieratori, ha assunto un aspetto storico. Una dama, selezionata tra tutte le ragazze della città, vestita in costume medioevale, porta le chiavi in cattedrale.
Il dono a san Tommaso è stata una consuetudine degli ortonesi fin dal tempo della traslazione, come significato simbolico di riconoscenza e venerazione verso l’Apostolo. Le offerte in natura e in denaro, raccolte dai fedeli erano finalizzate all’aiuto dei poveri, ad abbellire la cattedrale, ad accrescere e migliorare i paramenti sacri. Nel 1908 45 deputati delle feste offrirono i doni raccolti dalle offerte volontarie dei fedeli. I marinai, invece, mantennero con le aste il rinnovato baldacchino, sul busto dell’Apostolo in processione, come ringraziamento per i pericoli scampati in mare. Nell’anteguerra il dono consisteva solo nell’offerta del pane. Le donne, sbucando in fila dai vicoli di Terra vecchia reggevano sul capo, protetto dal cercine, tavolate di pagnotte. Dagli anni Settanta il dono ha subito una svolta, è diventata una sfilata. Realizzata in costume, ha assunto un significato aggregante e di forte solidarietà. In Ortona ricorda anche una forma di redistribuzione di ricchezza terriera che il Capitolo di san Tommaso esercitò nel corso dei secoli, ricevendo in omaggio la terra dai possessori e ridistribuendola con contratti agevolati ai bisognosi, che all’inizio del Novecento divennero tutti proprietari.