L’uomo ora è libero, e perciò può scegliere se operare rimanendo schiavo di ciò che è già finito oppure accogliendo la grande gioia di ciò che in Cristo risorto è iniziato.
Prima letturaAt 10, 34a.37–43: Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Pietro è testimone di fronte a Cornelio, un centurione romano, e alla sua famiglia degli eventi accaduti in Giudea. Nel cambiamento di Pietro, passato dai tre rinnegamenti di Gesù all’essere testimone della sua risurrezione, e nel diffondersi della buona novella tra i pagani, si vede l’efficacia di quell’evento che ha origine nel sepolcro di Cristo trovato vuoto il mattino di Pasqua.
Dal Salmo 117 - Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Il salmista esulta perché non morirà ma resterà in vita e subito ci rivela il significato di questa nuova vita: annunciare le opere del Signore.
Seconda lettura1 Cor 5, 6–8: Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
Il pane azzimo è pane non lievitato con il quale Israele celebrò la prima Pasqua in Egitto. Invitandoci a essere azzimi Paolo ci invita dunque ad abbandonare ciò che appartiene alla terra della schiavitù, il peccato, per aprirci alla libertà della risurrezione.
Riflessione sul vangelo Gv 20, 1–9: Egli doveva risuscitare dai morti.
La corsa di Pietro e di Giovanni verso il sepolcro vuoto è simbolo della ricerca affannosa dell’uomo di un messaggio di speranza. Quella del vangelo di oggi, come per i due apostoli allora, rimane in ogni tempo e in ogni luogo una notizia inattesa e meravigliosa: Cristo è risorto e la morte non esercita più il dominio sulla vita degli uomini.