Lettera Pastorale 2018-2019

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Arcidiocesi di Lanciano-Ortona 
Comunità Parrocchiale san Tommaso apostolo  Ortona 
 
Lettera Pastorale 2018-2019 



la testimonianza della vita al servizio degli altri
 «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40)



Carissimi parrocchiani, 
      e in particolare a voi amici collaboratori della pastorale e catechesi parrocchiale, “grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo.

       
      Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di voi nelle mie preghiere, perché vivendo nella carità e nella partecipazione alla fede diventi sempre più operante, per far conoscere tutto il bene che c'è tra noi per Cristo; della fede che abbiamo nel Signore Gesù come motivo di grande gioia e consolazione”. 

     
      In questi anni abbiamo affrontato varie tematiche e cercato poi di tradurli nella nostra vita di fede e nella nostra pastorale comunitaria.
Abbiamo iniziato seguendo il consiglio di Paolo: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.» (1Tes.5,18-19).
E ci siamo dati come saggio obiettivo di fermarci un pò per considerare quale uso abbiamo fatto di un dono tanto grande nella nostra vita nella comunità che il Signore ci ha assegnato e ci siamo ripetuti che bisogna educarci alla vita buona del vangelo.
Vi ho raccontato il sogno di un povero parroco desideroso sempre di sognare in grande e volere il bene della Comunità e così ci siamo ripetuti la gioia di sentirci famiglia amata da Dio.
A questo livello era d’obbligo “Incontrare Gesù”. E subito dopo Papa Francesco ci ha fatto riflettere con la sua bolla di indizione del giubileo straordinario della misericordia: Misericordiae Vultus.
A allora è sorto spontaneo impegnarci a “Scegliere il bene” e questa meditazione ci ha fatto scoprire la gioia e la speranza di essere un popolo di salvati.

     
      Quest’anno voglio proporvi una fotografia o un selfie, come si suole dire oggi, una panoramica che idealmente abbraccia il cammino che abbiamo fatto insieme, per conoscere chi siamo o come dovremo essere.
      Che cosa definisce in modo specifico il discepolo di Gesù? La scelta responsabile e definitiva di Cristo e del suo vangelo è quello che caratterizza il cristiano, cioè il discepolo di Cristo. È questo che lo distingue e non la semplice appartenenza socio-religiosa alla Chiesa. Cristiano e discepolo di Cristo sono sinonimi. I consigli evangelici, gli avvertimenti e le chiamate di Gesù sono per tutti. Seguire Cristo come discepolo ha un prezzo.
È quello che ci propone Gesù: la dedizione totale e la piena disponibilità davanti a Dio, privilegiando il valore della sequela del regno di Dio su ogni affetto umano.
Noi che abbiamo ricevuto la fede per eredità familiare troviamo la strada già aperta e possiamo crederci esentati dal cercare il volto del Dio vivente mentre camminiamo verso di lui. Ma se non c'è una scelta personale di Cristo, non arriveremo mai alla meta pasquale del cristianesimo: essere uomini e donne che rinascono continuamente attraverso una costante conversione a Dio Padre e Dio Spirito, manifestati in Cristo Signore risorto.

     
      Se ci interroghiamo su ciò che è essenziale nel cristianesimo, sul nucleo centrale e costitutivo della nostra fede e della nostra sequela, dovremo rispondere che non sono dei dogmi teologici, delle norme morali, un culto liturgico, una legge canonica, una gerarchia istituzionale, una Chiesa, un libro rivelato, ma la persona di Gesù Cristo che è morto per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra salvezza. Egli è il Messia, il Figlio di Dio, il suo volto umano; è la pietra angolare di tutto l'edificio, perché soltanto Cristo è la via, la verità e la vita.
Tutto quello che è stato elencato prima è una parte complementare del fatto cristiano fondamentale: Gesù di Nazareth. Essere cristiano è accettare con la fede e la condotta Cristo Gesù, Dio fatto uomo, perché il Gesù storico è il Cristo della nostra fede, il Figlio di Dio e l'unica via per arrivare a lui.

     
Davanti alle vie, ai sistemi e ai regolamenti di condotta, Cristo è la Via; davanti alle verità, ai principi e alle ideologie, Cristo è la Verità; davanti alle promesse, alle forme, ai metodi e ai generi di vita, Cristo è la Vita. Cristo è la via che conduce alla verità e alla vita, come affermarono i santi Padri. Effettivamente, camminando facciamo strada, ma solo se camminiamo con Gesù e i fratelli. Poiché non troveremo il Signore se non nel prossimo, specialmente nel più umile, secondo le sue stesse parole: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40).
Cristianesimo, giudaismo e islamismo sono le tre grandi religioni monoteistiche, professate da milioni di uomini nel mondo. Se ci chiedessimo che cosa distingue in modo specifico il cristiano dai fedeli di queste altre due religioni, dovremmo rispondere che il suo Dio è il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Dio che egli ci ha rivelato: Dio uno in tre persone, Dio padre e amico degli uomini, specialmente dei poveri, il Dio del Magnificat di Maria, la Madre del Signore.

     
E che cosa differenzia il discepolo di Cristo da un non credente? Che aggiunge la sua fede alla realtà quotidiana e prosaica della vita umana? 
Dato che il cristiano è chiamato ad aver parte nella vita di Cristo ed è fatto già figlio adottivo di Dio attraverso il dono dello Spirito, è Gesù l'archetipo che deve seguire il discepolo fino alla totale identificazione con lui. Essere cristiano significa rivestirsi di Cristo e avere i suoi stessi sentimenti e atteggiamenti nella vita e nella condotta.
Nel cristiano autentico si avverte una visione della vita, dell'uomo, del mondo e dei problemi umani sotto una luce diversa; è la sua fede pasquale. Si nota in lui una stabilità psichica che vince la meschinità e la disperazione, una pace che si impone alle difficoltà e allo scoraggiamento, una gioia che supera la tristezza e il malumore. Tutto questo è frutto della speranza cristiana.
E, soprattutto, la cosa più attraente nel suo modo di fare è l'apertura agli altri, l'accettazione che non discrimina: lo spirito di servizio e il dividere con gli altri - specialmente con il più umile - i suoi beni il suo tempo e la sua persona. Questa è l'esperienza vissuta della carità e della fratellanza in Cristo.
I tre atteggiamenti fondamentali del discepolo: fede robusta, speranza gioiosa e carità ardente, costituiscono la struttura personale del cristiano, la sua vita nuova in Cristo, la cosiddetta «vita teologale», la sua esistenza in Cristo, poiché la sua vita è Gesù risorto, vincitore del peccato e di tutto quello che è e produce morte. Essere testimone di questa vita è onore e dovere del cristiano.

     
      Con tre brevissime parabole proverbio, Gesù ci mostra che cosa deve essere il suo discepolo: sale della terra, luce del mondo e città collocata sopra un monte.
Le tre immagini convergono in una stessa direzione: la testimonianza della vita al servizio degli altri, come ha fatto Cristo stesso.

     
      Il sale è la prima delle immagini a cui Gesù si richiama per definire l'identità del suo discepolo. Il sale è un elemento familiare in qualsiasi cultura, perché da sempre è usato per dare sapore al cibo. Perciò il sale è un felice simbolismo, di grande ricchezza espressiva, per inquadrare la missione del seguace di Gesù in mezzo alla società. Il sale è un protagonista in ambito culinario, perché si discioglie completamente negli alimenti e si perde in un gradevole sapore. La sua presenza discreta nel cibo non si nota; invece la sua assenza non si può nascondere. Questa è la sua condizione: agire inosservato.
Bel modo di esprimere il compito del cristiano: essere il sale della terra, sale umile, disciolto, gustoso, che agisce dall'interno, che non si nota ma è indispensabile.
Se ne ricava una lezione: la fede cristiana non è assolutamente un guastafeste, perché è gioia e non ascetica negativa e triste.
Il credente ha la gioiosa responsabilità di scoprire il volto autentico e la faccia nascosta di Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo e Padre di tutti. Magnifico ruolo il nostro: essere sale e sapore della vita, essere grazia festosa, essere speranza e ottimismo per la noia e il tedio dell'esistenza. Compito sublime quello del credente: far traboccare senza ostentazione la ricchezza di una vita cristiana interiore, feconda e incoraggiante per gli altri.

     
      Secondo Gesù, il suo discepolo deve essere anche la luce del mondo. Il simbolismo della luce ha un lungo e fecondo percorso biblico: dalla prima pagina della Genesi in cui è descritta la creazione della luce, passando poi per la colonna di fuoco che guidava il popolo ebreo nel suo esodo dall'Egitto, e continuando con la luce dei tempi messianici annunciata dai profeti, fino ad arrivare alla luce piena della rivelazione in Gesù Cristo. Egli affermò di se stesso: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
In ogni tempo e cultura l'uomo ha cercato la luce della verità, la luce sul suo stesso mistero che è una sintesi di vocazione sublime e di profonda miseria. Ecco, dunque, la risposta agli interrogativi più sentiti dell'uomo.
«La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla suprema sua vocazione ...
Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (GS 10,2).
La fede in Gesù di Nazareth, vero Dio e vero uomo, è la luce del cristiano. La luce ha seguito passo passo la vita di ognuno di noi, dal cero acceso durante il nostro battesimo fino alla luce pasquale definitiva, passando per l'esperienza quotidiana del nostro impegno e della nostra identità cristiana, espressi nei sacramenti che ci accompagnano durante il peregrinare della vita.
Non potremo più esimerci e accontentarci di essere solo spettatori dell'antagonismo tra la luce di Cristo e le tenebre del male in un mondo di peccato. L'astensione non è possibile; è necessaria una scelta radicale di Dio e dei fratelli.

     
      Per compiere la missione di essere sale della terra e luce del mondo, cioè per una testimonianza evangelica ed efficace, dovremo agire senza cedere a due tentazioni: la visione distorta di una fede alienante e far assegnamento sull'efficacia solo esteriore.
Non possiamo cedere all'illusione di una fede alienante, esclusivamente cultuale o ritualistica, che privilegia le pratiche religiose rispetto all'azione sul piano della vita. Perché «così dice il Signore: spezza il tuo pane con l'affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente. Allora la tua luce sorgerà come l'aurora»

     
      Dobbiamo essere testimoni della luce. Non si accende una luce per nasconderla, ma perché illumini gli uomini e perché questi, vedendo le nostre opere buone, rendano gloria al Padre che è nei cieli. È il compito quotidiano e personale nella famiglia, nel rapporto degli sposi tra di loro, dei genitori con i figli, degli adulti con le generazioni più giovani, e nella testimonianza dentro l'ambiente di lavoro e civico.

     
      Non possiamo neanche cedere alla tentazione dell'efficacia solo esteriore. Questo è il nostro modo umano di pensare. Per una falsa analogia siamo tentati di applicare metodi terreni alla causa del vangelo. Tuttavia, come insegna san Paolo - che ben apprese la lezione del suo completo fallimento ad Atene dopo un discorso magistrale -, la base dell'efficacia evangelica non è la magniloquenza persuasiva, né l'onnipotente denaro, né le influenze e le raccomandazioni, né la fama, né il privilegio sociale o legale, ma, paradossalmente la scienza di Cristo crocifisso e la forza dello Spirito che sostengono la debolezza e il timore dell'apostolo.

     
      Questo è ciò che suscita in noi un ottimismo umile ma solido una sicurezza che si appoggia solo su Dio e sull'efficacia della croce e della risurrezione del Signore

     
     “Vi ho scritto fiducioso nella vostra docilità, sapendo che vi impegnerete più di quanto vi chiedo.
La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito” 


CON L’AUGURIO DI UN SANTO NATALE E UN PROFICUO ANNO NUOVO. 

D. Pino - p. Giorgio - Diac. Tommaso

Ortona, Prima domenica d’Avvento 2018